Yvette Van Der Merwe (Oiv): come attuare una sostenibilità a 360° nel mondo del vino
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Il mondo del vino deve essere sostenibile non solo a livello ambientale, ma anche sociale e finanziario, deve rispondere alle sfide climatiche con soluzioni specifiche e mirate per rendere il prodotto accessibile, sostenibile e innovativo.
È questa l’opinione di Yvette Van Der Merwe, neo-eletta Presidente dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) che ha condiviso la sue visione nel corso di un’intervista con Wine Meridian che qui riportiamo.
Qual è la sua visione sulla salute attuale dell’industria vinicola globale? Con sfide emergenti come sostenibilità, quali pensa che siano le priorità principali per il futuro del settore?
La chiave per affrontare il cambiamento climatico è la sostenibilità, intesa però non solo come sostenibilità ambientale, ma anche sociale e finanziaria. Questi tre aspetti – persone, pianeta e profitto – sono strettamente collegati. Spesso dimentichiamo la dimensione sociale, e questo è un errore. Per esempio, negli ultimi anni abbiamo visto un calo dei consumi di vino e la diffusione del concetto di salute legato ai rischi dell’alcol. Noi dell’OIV crediamo che le decisioni debbano essere basate su fatti scientifici solidi e non su una percezione negativa, perché il vino non è solo una bevanda alcolica, ma rappresenta anche cultura e identità. Solo così potremo affrontare anche il problema della perdita di interesse da parte delle nuove generazioni.
Come si bilancia la necessità di sostenibilità con il rispetto delle tradizioni nel mondo del vino, soprattutto di fronte a sfide come il cambiamento climatico?
Cosa accadrebbe allo Champagne se il cambiamento climatico rendesse impossibile la sua produzione in modo sostenibile? Questa è una domanda che mi faccio e che pongo anche agli altri, perché, per quanto lo Champagne rappresenti una tradizione e sia un patrimonio culturale profondo, a volte è necessario guardare al quadro più ampio.
Possiamo essere profondamente radicati nella nostra storia, ma di fronte a una crisi climatica, dobbiamo essere pronti a innovare e adattarci, anche se ciò significa fare delle scelte difficili. Serve un equilibrio tra rispetto delle radici e pragmatismo: se non innoviamo, rischiamo di perdere tutto quello che stiamo cercando di preservare.
Come Presidente dell’OIV, quali iniziative intende promuovere per affrontare il cambiamento climatico e incentivare pratiche sostenibili nella produzione vinicola? Quale ruolo può giocare la comunità internazionale in questo ambito?
Abbiamo fatto molti progressi sulla sostenibilità ambientale, ma ora dobbiamo portarla a un livello successivo, soprattutto attraverso tecnologia e ricerca. Ogni misura che adottiamo deve però essere anche economicamente sostenibile per i produttori. Dobbiamo trovare un equilibrio: non ha senso adottare pratiche che aiutino il clima se non sono economicamente praticabili. È questo il vero significato di sostenibilità.
In Sudafrica è stata determinante nello sviluppo di un sistema di certificazione che valorizza l’identità e la qualità del vino locale. Quali aspetti di questo approccio potrebbero essere applicati a livello internazionale?
In Sudafrica abbiamo sviluppato un sistema di sigilli che certifica l’aderenza a criteri di sostenibilità ambientale e sociale. Nello specifico, nelle bottiglie di vino sudafricane si possono trovare due diversi tipi di sigilli: uno che certifica che il prodotto sia effettivamente sostenibile a livello ambientale e uno che ne certifichi la sostenibilità sociale. Entrambi i sigilli permettono di tracciare il percorso della bottiglia fino al vigneto di origine.
Anche l’OIV ha adottato un percorso simile, ispirato proprio all’esperienza sudafricana. Il problema che riscontriamo, e che rappresenta una criticità anche in Italia, è il costo elevato di questo tipo di certificazioni. Dobbiamo trovare una soluzione per rendere le certificazioni più accessibili e meno costose, affinché non diventino un peso per i produttori ma uno strumento di valorizzazione e competitività.
Molti sostengono che i giovani bevano meno vino e che il consumo totale sia in calo. Eppure, la domanda di esportazione cresce in molti Paesi. Come spiega questa discrepanza tra consumo interno e domanda internazionale?
Esistono dinamiche diverse. Vediamo una diminuzione del consumo a livello internazionale, un dato che riflette il cambiamento delle abitudini dei giovani. Quello che, però, è necessario considerare è che viviamo in un mondo globalizzato, in cui i giovani sono curiosi, amano sperimentare e hanno alla loro portata un portfolio molto ampio di possibilità a cui attingere.
Il consumo di vino è effettivamente diminuito, ma il mercato globale delle bevande alcoliche non ha subito lo stesso calo. Oggi i consumatori, pur bevendo meno frequentemente, hanno a disposizione una gamma di opzioni molto più ampia rispetto al passato, e spesso scelgono prodotti diversi dal vino. Questo perché i giovani sono aperti a nuove possibilità ma spesso etichettano il vino come una categoria intimidatoria e tradizionalista. Sovvertire questa loro percezione diventa cruciale.
Fonte: Wine Meridian